sabato 10 marzo 2012

Lucifero

La descrizione di Ildegarda di Bingen (1098-1179) nella Quarta visione della prima parte de Il libro delle opere divine.

"XII. Tutta la bellezza delle opere della sua potenza Dio la impresse nel primo angelo, che adornò di stelle, della bellezza verdeggiante e di ogni sorta di pietre preziose splendenti, come un cielo stellato, e lo chiamò Lucifero perché da Dio stesso, che solo è eterno, aveva ricevuto la luce.
Io che sono ho esposto le mie opere su tre pareti, cioè a oriente, nel meridione e a occidente; e ho lasciato vuota la quarta parete nel settentrione, in cui non risplende né il sole né la luna. Per questa ragione è proprio in quella plaga al di fuori del firmamento che si trova l’inferno, che non ha tetto sopra di sé né fondo sotto; e anche le tenebre che ivi si trovano sono al servizio della mia lode, come lo sono le cose luminose; come infatti si potrebbe riconoscere la luce, se non per contrasto con le tenebre? E come si conoscerebbero le tenebre, se non per effetto del raggiante fulgore dei miei ministri? Se così non fosse, il mio potere mancherebbe di pienezza, e in tal modo i miei miracoli non sarebbero celebrati. Invece il mio potere è pieno e perfetto, né manca alcunché ai miei miracoli. E’ per essere luminosità senza tenebre che la luce è chiamata così. Luce invero è l’occhio vivente, le tenebre sono cecità. Secondo questa duplice partizione si conoscono infatti tutte le cose, sia buone che cattive; per mezzo della luce le opere di Dio, per mezzo delle tenebre l’allontanamento da Dio e la separazione dalla luce in coloro che non vogliono aver fiducia in lui, perché stanno dalla parte dei superbi.

XIII. La turba innumerevole di scintille, che si erano schierate con il primo angelo perduto, risplendette un tempo nel fulgore di tutte le sue bellezze, così come il mondo è illuminato grazie alla luce. Ma quando il primo angelo si accorse che in tutta la sua bellezza avrebbe dovuto servire il suo Dio, si sottrasse al suo amore protendendosi verso le tenebre, e disse fra sé: «E’ per me cagione evidente di gloria operare di mia volontà e produrre opere, come vedo fare a Dio». E tutta la sua compagnia gli diede il proprio assenso con queste parole: «Contro l’altissimo, poniamo il il trono del signore nostro ad aquilone». E decidevano fra loro di provocare sempre errore e divisione fra i ministri di Dio, affinché il proprio signore fosse uguale in potenza e magnificenza all’altissimo loro.
Allora gli occhi dell’eternità, che è una sola, sprigionarono fiamme, ed essa risuonò come un tuono tremendo e abbatté il primo trasgressore e tutto il suo esercito con l’aiuto dei suoi ministri, gli angeli. E gli angeli di Dio proclamavano con voce di tuono: «Quale perversa presunzione può rendersi uguale a Dio creatore nostro, che procede da se stesso? E poiché tu, che esisti per suo volere, hai avuto la presunzione di voler essere simile a lui, andrai in rovina». E immediatamente il primo angelo, insieme a tutti quelli che si erano uniti a lui, precipitò all’indietro, greve come piombo, perché aveva voluto dichiarare guerra contro Dio, le cui opere non vide risplendere nelle tenebre.

XIV. Per questa ragione Dio stesso ingaggiò contro di lui un’aperta battaglia, e lo fece in questo modo, considerando quella veste che nella sua scienza aveva rivestito da sempre, quella in cui Satana, che era fuggito da lui, non potrà riconoscerlo perfettamente fino a quando non avrà combattuto contro di lui tutte le sue battaglie; solo allora lo vedrà, nel più grande dolore della sua confusione, quando sarà confuso dal giudice giusto in persona, alla fine dei tempi.
E nell’antico decreto, che da sempre è presso di lui, stabilì come avrebbe fatto quest’opera, e dal fango della terra formò l’uomo come, prima dell’inizio del tempo, ne aveva prefigurato l’aspetto, nello stesso modo in cui il cuore dell’uomo contiene in sé la razionalità e dispone le parole sonanti che successivamente proferisce. Così Dio quando creò tutte le cose le produsse nel verbo, poiché il verbo, che è il figlio, era celato nel padre, come il cuore è nascosto all’interno dell’uomo. E Dio fece l’essere umano formandolo a propria immagine e somiglianza, perché stabilì che il suo corpo sarebbe stato la veste della santa divinità; per questo ha impresso nell’uomo il segno di tutte le creature, come ogni creatura ha avuto origine dal suo verbo.
Pertanto nella testa dell’uomo, cioè nella sfera che racchiude il cervello, è stabilito il vertice, cui è stata appoggiata una scala provvista di gradini per salire in alto, cioè di occhi per vedere, orecchie per udire, narici per odorare e bocca per parlare; e mediante essi l’uomo vede, conosce, discerne, divide e nomina tutte le creature. Dio infatti ha formato l’uomo e lo ha vivificato con il respiro vivente, che è l’anima; ne ha fatto un coagulo di carne e di sangue e lo ha reso saldo con la struttura delle ossa, alla maniera in cui la terra è consolidata dalle pietre, poiché, come la terra non può sussistere senza pietre, così neppure l’uomo senza ossa.
Anche il firmamento non avrebbe sole, luna e stelle, se non fossero stabiliti i luoghi nei quali perseguono il loro corso, poiché queste costellazioni non potrebbero in alcun modo essere fissate se non fossero stati designati per esse dei luoghi propri; per questa ragione tutti i loro spazi sono stati definiti secondo un’esatta misura, affinché il cerchio della ruota del firmamento sia in grado di muoversi circolarmente con movimento esatto, e tutto ciò è significato nella forma corporea dell’uomo, per quanto non nello stesso ordine e con la stessa perfezione con cui queste cose esistono negli spazi celesti".

Ildegarda di Bingen, Il libro delle opere divine, Mondadori, Milano 2003, pp. 373-379.

I 9 Cori Angelici
Miniatura dal breviario di Hildegard von Bingen

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(Dal Breviario della Chiesa Cattolica)

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