E la contemplazione dell'orante dev’essere ecclesiale e universale, ma anche personale e unica.
La preghiera del Martin Pescatore - © Carmine Arienzo |
Per entrambi questi motivi – la parola di Dio è personale e universale – essa potrà offrire al contemplante infinitamente di più di quanto possa pensare. La Parola di Dio può essere breve e inconfondibile; in essa si trova «di più di quanto possano afferrare tutti i libri del mondo»; una contemplazione feconda riconoscerà che dalla Parola di Dio sgorgano e vengono partoriti in continuazione significati nuovi e nuovi rapporti. Tutto ciò che è generalmente vero si trasforma in vero personale e qui, anche se si credeva di averlo compreso già prima, diventa d’improvviso del tutto nuovo nella sua importanza; e ogni valore personale si volge necessariamente in valore cattolico e universale e solo allora rivela la sua ampiezza. L’uomo è uomo, e la parola è parola: così si pensa. Ma l’uomo non è ognuno, e la parola non è ogni parola. E se la Parola è da sempre presso Dio e la Parola è Dio, così ogni orante che incontra questa Parola è preso in consegna piena con tutte le forze e oltre ogni forza e oltre ogni forza. Sì, la Parola che è Dio, afferra l’uomo e lo dota di nuove forze – fede, speranza, amore – che lo rendono capace di afferrare la Parola, anzi di estenderla al punto che arriva al confine della idea divina della contemplazione”.
Adrienne von Speyr
Adrienne von Speyr, La luce e le immagini, Jaca Book,1995, pp.21-22
Nessun commento:
Posta un commento
"Padre, fa' che riconosciamo la dignità di tutti gli uomini, che Cristo ha redenti a prezzo del suo sangue, e rispettiamo la libertà di coscienza dei nostri fratelli".
(Dal Breviario della Chiesa Cattolica)