L'attende un aspro combattimento, prima di essere condotta dagli angeli ai luoghi che le sono stati destinati.
L’autore del testo che vi proponiamo è Giovanni Carpazio, monaco contemplativo vissuto nel VI o VII secolo. Di lui conosciamo molto poco. Le prime notizie che lo riguardano ce le fornisce Fozio (801-892 ca.), teologo bizantino e patriarca di Costantinopoli, nella sua Bibliotheca (titolo originale Myriobiblon), una rassegna di 279 opere riassunte e “recensite” con un gusto letterario atticistico e la sensibilità di cristiano ortodosso dell’autore.
Pare che Carpazio sia stato vescovo di Karpatos, isola tra Rodi e Creta, dopo aver condotto una vita monastica in quella stessa isola. Il brano che segue è tratto dal Discorso di consolazione rivolto ai monaci dell’India, su loro richiesta (Capita hortatoria ad monachos in India). L’opera contiene cento "ammonimenti", con i quali il monaco “unge i lettori perché siano costanti nelle avversità e diano prova di sopportazione nelle tentazioni che sopravvengono”. Compose anche un secondo trattato sprituale, noto come Seconda centuria (titolo originale, Capita theologica et gnostica), in cui spiega coma passare dalla vita ascetica a quella contemplativa.
Pare che Carpazio sia stato vescovo di Karpatos, isola tra Rodi e Creta, dopo aver condotto una vita monastica in quella stessa isola. Il brano che segue è tratto dal Discorso di consolazione rivolto ai monaci dell’India, su loro richiesta (Capita hortatoria ad monachos in India). L’opera contiene cento "ammonimenti", con i quali il monaco “unge i lettori perché siano costanti nelle avversità e diano prova di sopportazione nelle tentazioni che sopravvengono”. Compose anche un secondo trattato sprituale, noto come Seconda centuria (titolo originale, Capita theologica et gnostica), in cui spiega coma passare dalla vita ascetica a quella contemplativa.
Quando l’anima esce dal corpo…
di Giovanni Carpazio
Ammonimento n. 25
“Quando l’anima esce dal corpo, il nemico le si fa incontro combattendo e insultando con audacia, divenuto aspro e temibile accusatore per quelli che sono caduti. Ma bisogna vedere allora come l’anima amante di Dio e piena di fede, anche se un tempo si è più volte ferita con peccati, non si lascia sbigottire dagli assalti e dalle minacce di quello, ma piuttosto fortificandosi nel Signore e sollevandosi sulle ali della gioia, prendendo coraggio grazie alle potenze sante che la guidano, cinta come da muro dalla luce della fede, grida con franchezza al maligno diavolo: «Che c’è tra te e noi, o estraneo a Dio? Che c’è tra te e noi, disertore dei cieli e servo malvagio? Non hai potere su di noi, tu! Il Cristo, il Figlio di Dio, ha potere su noi e su tutti! Davanti a lui abbiamo peccato, davanti a lui ci giustificheremo, avendo come pegno delle sue viscere di misericordia per noi e della nostra salvezza, la preziosa croce di lui. E tu, fuggi lontano da noi, miserabile! Nulla vi è fra te e i servi di Cristo».
E mentre l’anima coraggiosamente dice queste cose, il diavolo ormai volge le spalle, con urla lamentose, perché non può resistere al nome di Cristo.
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"Padre, fa' che riconosciamo la dignità di tutti gli uomini, che Cristo ha redenti a prezzo del suo sangue, e rispettiamo la libertà di coscienza dei nostri fratelli".
(Dal Breviario della Chiesa Cattolica)