“Padre, tutto è compiuto. Nelle tue mani raccomando il mio spirito”.
(Gv 19,30; Lc 23,46)
Crucifixo do Mosteiro dos Jerónimos – Lisboa Immagine protetta da copyright |
Si è atteso fino all’ultimo che qualche cosa avvenisse di grandioso, di spettacolare. Se un corpo putrefatto, come quello di Lazzaro, si era rianimato, sotto l’impasto degli aromi e delle fasce, per la sua parola, sarebbe stato più facile rivivificare un giovane corpo dissanguato, lacerato, ma vivo ancora, in preda alle torture di una resistenza agonica, capace di parlare, di perdonare, di amare… Ed invece una preghiera, un grido e la fine. È morto.
Che importa se il sole si oscura e la terra trema ed il cielo sembra piangere le lacrime che gli uomini non sanno versare. Poesia. Caso. Gesù di Nazareth è morto. Il centurione ha immerso la lancia nel suo cadavere ed ora sembra che anche quella bocca gridi al male la sua vittoria. Ultimo sangue, ultima acqua di un battito che aveva suscitato tante speranze, sollevato tante utopie. Ora è cadavere tra cadaveri, non sembra avere altro da dire che la propria sconfitta. Un vinto che ha rubato il cuore di molti con il fascino della sua verità, con la bontà del suo gesto, con la dolcezza del suo intervento, con la forza della sua giustizia, ma che ora tutti sommerge nel rantolo della sua morte. Valeva la pena? Con lui ora è morta la speranza.
Il centurione, vistolo spirare, disse: « Veramente quest’uomo era Figlio di Dio ».
Colui che aveva salvato altri non volle salvare se stesso, per insegnarci la misura dell’amore: amare senza misura.
Gesù è davvero compiuta la tua opera. Il Padre ha posto la parola fine sul suo messaggio d’amore; e, mentre nelle sue mani tu abbandoni il tuo spirito, lui ti consegna a me come documento d’amore. Così il Padre mi ama: da sacrificare il Figlio per me.
Se tu fossi sceso dalla croce, alla mia domanda di “prova”, non avrei avuto la prova del tuo infinito amore; se tu non fossi morto io non avrei trovato, in questa donazione totale, il motivo della mia vita. Se ti fossi salvato io sarei perito precipitando nell’abisso della mia corruzione, nelle sabbie mobili delle mie scelte sbagliate.
E mi offri il tuo costato aperto per lavarmi dalle mie nefandezze, per dissetarmi con il tuo sangue, per rifugiarmi in un amore che non conosce l’infedeltà.
Gesù, “nelle tue mani raccomando il mio spirito”. Tu sei il capolavoro della mia carne: che io sia la luce del tuo Spirito.
Io ti guardo perché ti ho trafitto. Per ogni piaga, per ogni goccia del tuo sangue, il fuoco dell’Amore “segni” la mia vita con i sigilli del Golgota. Sulla pagina bianca del mio nulla, l’amore del padre imprima, con la potenza del tuo Spirito, la tua immagine, così che la pazzia della croce sia l’unica parola che io ascolti, legga, viva.
Nella tua morte io sono morto. Il tuo grido è richiamo per me che andavo cercando la vita. L’ho raccolto nella notte incombente ed ho avuto paura, ma ora, che ne ho tutta l’anima piena, sento che quel rantolo è un inno di vittoria; è un canto di gioia, e che lo Spirito danza nel tuo nome, liberato dalla carne piagata.
Dio mi ama e la vita è amore.
Padre Fiorenzo Viviani
Fiorenzo Viviani, Camminando con Gesù, Padova 1982, p. 56-58
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"Padre, fa' che riconosciamo la dignità di tutti gli uomini, che Cristo ha redenti a prezzo del suo sangue, e rispettiamo la libertà di coscienza dei nostri fratelli".
(Dal Breviario della Chiesa Cattolica)